In passato, in Italia, abbiamo avuto un fenomeno di cui pochi parlano e in pochi ne hanno conoscenza.
 
Il cibo italiano non sono non era gradito, ma sembra aver fatto letteralmente ribrezzo a molti degli stranieri che visitavano il Bel Paese.
 
Ma al contempo, quel periodo fu lo stesso in cui il cibo italiano ha cominciato a prendere piede in tutto il mondo, prima come street food e poi come vero e proprio cibo gourmet.
 
Torniamo al Settecento, al tempo del Grand Tour, quando i giovani benestante intraprendevano il viaggio attraverso l’Europa, alla scoperta dei luoghi della classicità greca e romana. Molti di questi tornavano a casa con un disgustoso racconto riguardante i pasti consumati, sconsigliando, ai coetanei in partenza, di mangiare in campagna o di rivolgersi a un più sicuro pasto cittadino a base di carne di manzo o di montone.
 
Ma cosa inquietava e disgustava i signorini del nord Europa?
 
Il Grand Tour si concludeva quasi sempre a Napoli: dopo l’atmosfera grandiosa di Roma si giungeva a conoscere i più rilassati ma anche singolari costumi napoletani. A quel tempo la città partenopea era la più grande d’Italia, con circa 400.000 abitanti, e due erano gli aspetti rimanevano impressi nella mente dei visitatori: gli schiamazzi dei suoi vicoli e la figura pittoresca degli straccioni della città, abili nella loro pigrizia, tanto differenti dalle classi del sottoproletariato londinese o parigino, perché non dediti all’uso di alcool, street food storiareligiosissimi e al tempo stesso superstiziosi, ma soprattutto dotati di un buonumore contagioso, pur in miseria e vestiti di stracci.
 
Il re di Napoli Ferdinando I di Borbone, non a caso detto il Re Lazzarone, venne descritto così da ospite irlandese della corte borbonica che aveva assistito a un pasto regale: <<Afferrava tra le dita i lunghi spaghetti, torcendoli e stiracchiandoli, e poi infilandoseli voracemente in bocca, disdegnando con la massima magnanimità l’uso di coltelli, forchette o cucchiai, o qualsiasi altro strumento eccettuati quelli che la natura gli ha gentilmente messo a disposizione.>>
Il cibo cucinato in strada e mangiato con le mani era poco appetibile per i viaggiatori stranieri. Fu da queste usanze poco eleganti che gli abitanti di quella città vennero soprannominati “mangiamaccheroni”.
 
I negozi di pasta a Napoli aumentarono nel corso del XVIII secolo da 60 a 1700 e si istituì la corporazione dei “vermicellari”.
 
Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti e primo estimatore straniero della pasta, importò oltreoceano uno dei macchinari per produrla, dando il via a un percorso che portò il mac&cheese affermarsi nel Nuovo Mondo.
 

sdr

Il consumo all’aperto era quasi obbligato, per la ristrettezza degli spazi, e da qui prese piede il fenomeno dello street food, che ad oggi sembra aver ripreso largo piede in tutto il mondo.

 
Le tecnologie sono avanzate, gli allestimenti sono sempre più geniali e conformi alle nuove richieste del marketing e i cibi proposti sono vari e propongono cucine da tutto il globo.
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